Descrizione
Torrepaduli è una frazione di Ruffano, comune italiano della provincia di Lecce in Puglia. Dista meno di un chilometro dal capoluogo comunale e circa 48 km da Lecce. Come evoca lo stemma del paese, il nome deriva dalla presenza di tre torrioni, sebbene altre ipotesi suggeriscano la presenza, in epoca antica, di un’unica torre-fortezza. Il suffisso dialettale paduli si riferisce alla limacciosità del territorio, in passato la zona circostante ospitava una palude. In dialetto salentino Torrepaduli viene chiamata Turre. Le torri avevano un triplice scopo: 1) sostenere l’urto delle incursioni barbaresche; 2) far da vedetta alle vie per Cutrofiano, Ugento e Gallipoli; 3) offrire asilo alle popolazioni sparse per la campagna circostante, esposte alle scorrerie dei predoni, accampate, quasi permanentemente, sulla serra di Supersano e nella fitta boscaglia di Belvedere. Invero, c’è pure chi sostiene la tesi dell’esistenza fin dal IX-X secolo di una sola torre, intorno alla quale, successivamente, sarebbe sorto il casale detto Torre de Padula. Delle antiche torri, o della torre, non resta più alcuna traccia. Le vicende storiche dell’antica Torre de Padula o Torre della Padula sono per buona parte legate a quelle di Ruffano, di cui l’odierna Torrepaduli è Frazione. Nel 1272 troviamo il piccolo feudo di Torrepaduli in testa a Tommaso II d’Aquino e nel 1292 al figlio Adenolfo, conte di Acerra e Ugento, che lo perde per fellonia, forse perché di parte sveva, nel 1293. Carlo II d’Angiò cede Torrepaduli al figlio Filippo, con diploma del 4 febbraio 1293, col titolo di principe. Nel 1380 il feudo passa a Carlo Ruffo e successivamente al principe di Taranto Raimondo Orsini Del Balzo, alla cui morte (1406) viene ceduto in dono dalla moglie Maria d’Enghien, contessa di Lecce, ai Padri della Bosnia che gestivano in quell’epoca l’Ospedale di S. Caterina in Galatina. Risposatasi e divenuta regina di Napoli, Maria d’Enghien lo porta in dote al marito re Ladislao di Durazzo, che lo cede al suo Ciambellato Pietro Hugot, di origine francese. Passa quindi, nel 1443, allo spagnolo Giacomo della Ratta, figlio di Francesco e d’Isabella d’Artois. Ma i Padri Olivetani di Galatina, succeduti ai Padri della Bosnia nella gestione dell’Ospedale di S. Caterina, ne rivendicano il possesso ed ottenutolo lo vendono al patrizio gallipolitano Giovanni Vincenzo Sergio, dal quale passa alla famiglia Pirelli, pure gallipolitana, e quindi alla famiglia galatinese Cavazza o Cobazio.